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LANFRANCO MALAGUTI QUARTET
24 Febbraio 2017
Lanfranco Malaguti è uno fra i più grandi chitarristi jazz italiani in attività, Bolognese di nascita si è formato artisticamente a Roma per poi trasferirsi in provincia di Treviso per più di trent’anni, prima di ritornare nella città natale. Qui entra nel giro dei musicisti che fanno capo a Bruno Cesselli, nel centro pordenonese di Azzano Decimo. Con lui ed altri forma il quintetto ed incide il primo disco, di inediti, nel 1984, cui seguiranno ben 15 album.
Per l’occasione presenta il nuovo CD SPLASC(H) Records “WHY Not?”
Lanfranco Malaguti non è nuovo al mondo delle canzoni, siano quelle italiane che quelle afroamericane, come ben sottolinea Gianni Montano per Jazzitalia.net il quale scrivem nel presentare il disco:
“Nel 2006 Lanfranco Malaguti ha inciso “Standards obsession“, un’esplorazione lunga, uno scavo profondo su tre soli brani, condotti con la sua chitarra non ancora modificata. L’anno dopo in “A gola spiegata” sono stati ripresi diversi evergreen, sempre in una maniera personale, anche se non vi era la consapevolezza, il metodo messi a punto in questi ultimi anni. Oggi il musicista romano accetta la sfida di confrontarsi di nuovo con un repertorio consolidato e si domanda provocatoriamente “Why not?”. Però, chi ipotizzi un ritorno a suoni tradizionali e a un jazz inclinato verso il mainstream sbaglia di grosso. Semplicemente Malaguti applica le acquisizioni delle sue ricerche e dei suoi studi a sette brani famosi, a cui aggiunge, per completare l’album, un original, “Blues to Monica”. Il lavoro è in chiara continuità con le sue ultime registrazioni. Innanzitutto la formazione è la stessa di “Oltre il confine”, un gruppo di fiducia per l’artista residente a Bologna. La chitarra è, comunque, la protagonista principale in tutte le tracce, uno strumento che, con opportuni accorgimenti tecnici, può diventare viola, organo, basso, una vera orchestra piegata ai concetti musicologico-matematici del titolare dell’incisione.
Malaguti insiste principalmente sul timbro distorto della sua dodici corde per conferire una patina rock alla sua rilettura, aiutato in questo dalla batteria di Luca Colussi spesso in controtempo, orientata verso un accompagnamento spinto e incalzante Nicola Fazzini, invece, rappresenta l’anima classica, con inflessioni cool, del gruppo e svolge al meglio il suo ruolo per mezzo di interventi di tessitura olimpica. Romano Tedesco, per completare il quadro, serve a raddoppiare le voci che vengono prodotte dalla chitarra preparata e aggiunge colori al sound complessivo. E’ un elemento aggregante rispetto alle piste sovente divergenti tracciate dagli altri tre solisti.
I temi sono spunti, stimoli per allontanarsi e sconfinare, andare oltre, pur rimanendo legati, a ogni modo, al cuore del motivo eseguito o rivoltato secondo i diversi punti di vista.
Forse “Why not?” non raggiunge l’eccellenza degli ultimi dischi del leader del quartetto ma è pur sempre una tappa significativa nel percorso artistico di una delle personalità più intriganti del jazz italiano attuale.”